Le potenzialità della canapa tra le difficoltà normative e le incerte prospettive di mercato

canapa piantagione

Claudio Ferri

Una coltura che fino agli anni Cinquanta del secolo scorso era coltivata intensamente in molte parti del mondo, compresa l’Italia, con regioni che, come l’Emilia Romagna, più di altre producevano tonnellate di fibra per l’industria tessile.
A quei tempi non si parlava di contenuto in Thc (Tetraidrocannabinolo, il principio attivo della cannabis), ma di rese per unità di superfice.“Nel 1995 la canapa veniva coltivata in Italia ufficialmente solo per pochi ettari dall’Enea e sotto il controllo delle forze dell’ordine – spiega Ivan Nardone del Dipartimento sviluppo agroalimentare e territorio della Cia nazionale – ma nonostante le difficoltà di mercato e le carenze legislative negli ultimi anni, grazie soprattutto alla passione di agricoltori, ricercatori, industriali, consumatori, è rinato un forte interesse per una pianta dalla grande storia e dalle interessanti prospettive di mercato.

Questa attenzione si esplicita anche sul piano normativo?

Questa situazione ha indotto il Parlamento nazionale a votare la Legge 242 del 2016 che permette oggi agli agricoltori di poter coltivare in totale tranquillità canapa con seme certificato e con livello di Thc (il principio attivo della cannabis, ndr) dello 0,2%.

La Confederazione ha avuto un ruolo in questo processo decisionale?

Sì, abbiamo portato un importante contributo alla stesura della Legge che, seppur migliorabile, resta una buona base di partenza, per permettere agli agricoltori di poter coltivare in sicurezza la canapa per diverse filiere produttive di interesse.

Ad esempio?

Ad oggi le filiere di maggior prospettiva sono per fibra e canapulo, i tessuti, le corde, i pannelli isolanti, i tappeti, i materassi, la carta, le imbottiture per automobili, i materiali edilizi, le bioplastiche, le lettiere per animali.

Fin qui tutto bene, ma qualche lato oscuro c’è?

Nonostante l’importante potenziale, per la valorizzazione di fibra e canapulo restano le difficoltà per la prima lavorazione delle paglie, poiché vi sono solo due centri in Italia e spesso le distanze dal campo al centro sono notevoli e non sostenibili dal punto di vista economico ed ambientale.

Questo per quanto riguarda la fibra. Per il seme cambia qualcosa?

In questo caso sono interessanti le richieste di mercato nel campo alimentare, con oli e farine ricchi di Omega-6 e Omega-3, proprietà nutritive ideali per abbassare i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue.

Riguardo al fiore, su cui molti produttori si sono concentrati?

Il fiore resta poi la parte più pregiata della pianta dove si concentrano Thc e Cbd (il secondo cannabinoide presente nell’infiorescenza, il Cannabidiolo, ndr) e altri composti simili. Ad oggi questa parte importante della canapa può essere commercializzata solo ad uso tecnico e da collezione, una modalità di mercato che di fatto penalizza molto il potenziale di vendita.

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