Predatori, il cane è il miglior amico dell’allevatore

Dino Scanavino, presidente nazionale Cia

Il lupo è tornato e sta recuperando gli spazi abbandonati dai pastori e dagli agricoltori. Dopo un lungo lavoro di condivisione con tutti i soggetti interessati (Organizzazioni agricole, ambientaliste, venatorie nonché università, Ispra e Regioni) il Ministero dell’Ambiente ha prodotto un Piano di conservazione e gestione di questo predatore in Italia. Cia ha contribuito alla stesura del piano e ne sostiene l’approvazione, come ribadito anche con uno specifico ordine del giorno presentato e approvato all’unanimità nella VII Assemblea Elettiva dello scorso febbraio a Roma.
Le predazioni e i danni da ungulati sono stati uno degli argomenti di maggior rilevanza in tutte le assemblee a tutti i livelli, segno che il problema della convivenza è molto sentito dall’intero mondo agricolo.
La Confederazione ha sempre espresso una posizione di equilibrio che mette al centro non solo il lupo, ma anche l’ecosistema della montagna e dei pascoli. Un ecosistema delicato dove da secoli l’elemento di equilibrio sono stati i presidi di prevenzione: tecniche di allevamento e soprattutto l’utilizzo del cane da guardiania.

Da sempre, nei pascoli e nei parchi naturali Abruzzesi, culla della popolazione del Canis Lupus e della pastorizia italiana l’elemento di regolazione è stato il Pastore Maremmano Abruzzese che, con la sua spiccata attitudine alla difesa del gregge, ha lavorato fianco a fianco con l’uomo anche nei lunghi e pericolosi spostamenti lungo i tratturi appeninici.

Le Regioni e i parchi, anche attraverso l’utilizzo del bandi del Psr, prevedono misure per promuovere il recupero di queste competenze di difesa e prevenzione.
In questi provvedimenti spesso è finanziato l’acquisto delle reti elettriche, fisse o mobili, oltre che di dispositivi di dissuasione e in alcuni casi anche di cani. I bandi pur contenendo elementi positivi finanziano solo l’acquisto, quasi sempre con costi molto inferiori a quelli di mercato e non finanziano il mantenimento e soprattutto la necessaria formazione del pastore per la gestione dei cani.
Spesso sono stati forniti soggetti, anche senza la necessaria documentazione (pedigree ecc.), che non hanno dato i risultati attesi, proprio perché l’interesse suscitato negli ambienti della cinofila amatoriale era indirizzato esclusivamente alla vendita del cane.

Non è sufficiente dotarsi di uno o più grandi ‘cani bianchi’ per contenere il problema.
L’attitudine alla guardiania non si insegna ai cani ma è una dote che acquisiscono naturalmente nascendo e vivendo la fase di imprinting a contatto con il gregge e con il “team” dei cani pastori adulti.

La Confederazione, dopo una fase di studio e approfondimento della materia, ha ritenuto di promuovere nei confronti degli Enti (Regioni, Parchi, Gal ecc.) un modello di protezione che preveda l’utilizzo di cani nati presso gli allevamenti zootecnici.
Soggetti che vivono il contatto con i predatori. Un modello che valorizzi, inoltre, la selezione genetica e morfologica dei cani certificata dal pedigree, favorisca la condivisione delle esperienze degli allevatori cinofili e zootecnici e coinvolga le istituzioni scientifiche e universitarie nel monitoraggio delle azioni.

In questo quadro la Cia conferma la disponibilità a partecipare all’applicazione del Piano di conservazione e gestione del lupo anche attraverso interventi selettivi nelle aree dove è certificata e misurata una presenza del predatore che causa danni ingenti e insostenibili e dove ogni altro tentativo di limitarne l’impatto sia risultato inefficace.

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